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lunedì 12 ottobre 2009

Odiosamente sfigato

Da ragazzino mi cacciavo sempre nei guai,
ora che sono grande non è che sia cambiato assai.
E se continua così, vedrai,
che presto mi seppellirai.
L’incauto, forse, non vivrà in eterno,
e devi vedere come mi diverto in questo inferno.
E se il cauto non vivrà affatto,
guarda come io mi adatto.
Io non sono altro che un incapace,
la sfiga in me giace,
tuttavia della figa son rapace,
e mi dispiace
doverla lasciare,
ma tanto da morto non mi potrò arrapare.
Ma che genio ribelle,
io ti faccio cader le ascelle,
sono più acido delle sorelle
di Marge
con nelle vene una dose di grunge.
Sai che ti dico, della tua pietà non m’importa,
me la divoro io quest' avvelenata torta.
La mia raga non mi merita,
perché sono un fallito.
Lei non mi demerita,
ma è meglio che si metta con qualche arricchito.
Sono più fastidioso e sfigato
di un venditore porta a porta,
scrivo bendato per veder cosa comporta.
Meglio che resti solo con la scrittura,
con essa denuncio ogni mia paura.
Sono più infame di un infame di questura,
convivo con la parola scritta in questa clausura.
Caro immaginario lettore,
degustatore
del mio insano orrore,
sappi che so essere più esilarante di Gigi Sullivan,
ma invece ti porterò con me sul mio caravan,
tra i meandri
della mia angoscia,
senti come la mia ansia scroscia…
e più veloce di Melandri,
fuggiremo dalle paure,
queste torture
che mi perseguitano,
e in me l’odio sollecitano,
raggiungeremo il sorriso,
quel paradiso,
di serenità
che magari durasse per l’eternità.

Francesco Favia

30 maggio ’08 ore 23:02


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