La mattina non tanto volentieri mi alzo,
dal letto non balzo,
non ringrazio di essere ancora vivo.
Non sorrido, non vivo, ma sopravvivo
in questo mondo recidivo
nel suo male.
Mondo immondo
su di te barcollo,
dopo un ubriaco girotondo,
ecco che alla fine cado e mollo.
Libero, ma povero in canna,
aspetto dal cielo una manna.
Oh mamma!
Sarebbe meglio se tornassi a nanna
Ah! Vorrei tanto aggrapparmi ad un razzo.
Volare via nello spazio,
galleggiare nell’infinito
e abbandonare il mio spirito indefinito,
privo di libero arbitrio.
Se dico che mi ammazzo,
la gente mi prenderà per pazzo.
Cazzo! Prova tu a vivere con questo andazzo.
Prova a viver al posto mio,
nel mio oblio,
resistere a modo mio.
Oddio! Ti sembro blasfemo,
ma io oggi tremo
e a lassù non credo.
Credo solo a ciò che vedo
E non chiamarmi Tommaso,
perché dal dolore sono invaso.
Sono pervaso dal mio malessere
che credi che sia
un frutto della mia fantasia,
però, intanto, io non ho più un essere.
Non ho un’essenza,
e non è dovuto ciò alla mia miscredenza,
perciò non guardarmi storto.
Vorrei solo approdare in un porto
dove lasciare la mia inquietudine,
quella cattiva abitudine,
di sfidare la sorte
desiderando la morte.
Francesco Favia
20 dicembre ’05
http://ciscofavia.blogspot.com/
www.nonsolocronache.com
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